Gli ultimi giorni del grande inquisitore è un monologo filosofico interpretato da Fabio Farnè, con improvvisazioni per tromba dal vivo di Matteo De Angelis. In una cornice tardo pop ispirata agli anni '80, il testo, che trae spunto da La leggenda del Grande Inquisitore, è un capitolo del romanzo "I fratelli Karamàzov", dello scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Dopo quindici secoli dalla morte, Cristo fa ritorno sulla terra. Il popolo lo riconosce e lo acclama come salvatore, tuttavia egli viene subito incarcerato per ordine del Grande Inquisitore. Nelle segrete l'inquisitore si reca poi a trovarlo, e, dopo avergli comunicato la sua condanna a morte, gli rimprovera di avere seminato confusione, di aver voluto portare la libertà ad un popolo che è incapace di usufruirne, poiché un popolo felice non può essere libero, ma sottoposto ad un potere autoritario che decida per lui. Il Grande Inquisitore spiega a Cristo come sia necessaria un'autorità forte, quella da lui rappresentata, che dia al popolo i suoi veri bisogni materiali e richieda loro obbedienza, in modo che essi siano davvero felici. L'inquisitore conclude l'interrogatorio comunicando al condannato che la sua esecuzione avverrà l'indomani e che il popolo ne gioirà, attendendo poi una replica a quanto ha detto. La regia di Francesca Migliore mette in luce i collegamenti con la situazione politica odierna, il tema scottante del potere della televisione e della manipolazione del consenso, in una inquietante lettura che attualizza il messaggio di Dostoevskij utilizzandolo come lente di ingrandimento per sondare la nostra realtà quotidiana.
9 anni fa
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